Il paese del sipperò.

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  1. Mancio65
     
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    La vicenda dei Marò si sta rivelando ogni giorno più rappresentativa della nostra società. E' una vicenda che fa da emblema non solo alla nostra diplomazia, ma al nostro carattere - inteso come popolo - ed al modo in cui - purtroppo - intendiamo il vivere civile.
    In un paese dove nessuno mai si dimette, in cui questa parola non rientra nel DNA nemmeno degli amministratori più universalmente riconosciuti come colpevoli di corruzione, concussione, peculato, falsificazione di bilanci, e chi più ne ha più ne metta, un ministro - finalmente - si è dimesso!
    La notizia già di per sé è di quelle da prima pagina, appunto perché più unica che rara, in questo paese.
    Per forza si è dimesso, uno pensa. Dopo la figura di merda cui ha sottoposto l'Italia tutta intera - i due poveri e malcapitati Marò in prima persona - davanti a tutto il mondo, era la sola cosa che potesse fare. Come ha ben detto Gramellini, anzi, la cosa che dovrebbe davvero fare sarebbe andare in India e scambiare se stesso con i Marò, permettendone il ritorno in Italia.
    E invece, poi, si scopre che le sue dimissioni hanno tutt'altra motivazione. Si è dimesso per protestare del fatto che "qualcuno" ad un certo punto ha deciso che forse smerdare la parola (e la firma) di un ambasciatore, che si fa personalmente garante di un'azione, non sia particolarmente decoroso per il paese intero.
    Siamo così abituati a personaggi pubblici senza onore alcuno, che quando qualcosa va in direzione della difesa di quest'onore, qualcuno si dimette!
    Se non siamo in preda ad un'orgia di controsensi...
    La realtà della vicenda, poi, è ancora più triste e squallida di così.
    Si penserebbe che la parola di un ambasciatore, svergognata e poi rispettata, sia già un episodio sufficientemente squallido. E invece c'è di peggio. Ci sono fortissimi interessi economici. Che non sarebbe neanche così disdicevole, non fosse che la sorte dei due Marò, e soprattutto il sacro fuoco che anima i discorsi di certe persone, si accende e si spegne come un interruttore a seconda di quegli interessi economici.
    Tuoniamo e battiamo i pugni: ridateci i nostri Marò! Ah, la loro vita è l'unica cosa che davvero ci interessa! La pena di morte? Ma vogliamo scherzare? Facciamo rispettare il nostro Pppaese (in genere mettiamo due-tre p all'inizio di paese, quando diciamo queste frasi immaginandoci su un ponte, con la bandiera che sventola, l'inno di Mameli che parte, il braccio a pugno sul cuore).
    Già che per farlo rispettare, troviamo un modo assai strano: smerdiamo la parola di un ambasciatore... Ma poi qualcuno dice: guardate che qui saltano tanti di quegli Euro... E improvvisamente la vita, l'onore, la salute dei nostri Marò, l'onore del Pppaese diventano una cosa su cui si può allegramente soprassedere. Li rispediamo in India. Scusate, abbiamo scherzato. Sapete come siamo noi italiani... quando ci si tocca con le giuste motivazioni...

    Credo che se si fossero messi d'accordo, Ministro degli Esteri e della Difesa per fare una serie di azioni che coprissero di ridicolo e di vergogna questo Pppaese, non sarebbero riusciti, neanche studiandola mesi a tavolino, ad organizzare una cosa più efficace di questa!
    E il Ministro della Difesa dice che lui non abbandona la nave. Peccato! Speriamo che non si metta d'impegno per finire l'opera.

    Ora, tutta questa vicenda, di cui le dimissioni "per troppo onore" sono solo la ciliegina sulla torta, come dicevo è emblematica del nostro paese, è emblematica di quello che è diventata la nostra società.
    E - attenzione - parlo di tutta la società.
    Sì, perché noi continuiamo a pensare che i nostri politici siano venuti da Marte, e non siano italiani a tutti gli effetti, manifestazione concreta e tangibile di quello che siamo.
    Pensiamo che le loro azioni siano diversissime dalle nostre, e non che invece siano così eclatanti unicamente per le potenzialità che ha un politico rispetto a noi.

    Siamo il paese delle deroghe, delle eccezioni, delle scuse. C'è sempre una deroga ad una legge, sempre un'eccezione ad una regola (quando riguarda noi), sempre una scusa pronta (per giustificare ogni azione).
    Siamo il paese del sipperò. Scritto così. Perché già pronunciarlo: "sì, però..." darebbe troppo peso al sì e troppo poco al però. E' il però la chiave di volta di ogni ragionamento.


    Gli hai spaccato la testa con una spranga. Sipperò lui mi aveva fregato il posto al parcheggio.
    Devi essere processato. Sipperò ho altri impegni.
    Devi 3.000 Euro al condominio. Sipperò i lavori del terrazzo di sopra (importo: 250 Euro) non mi dovevano essere messi in conto.
    Hai peccato. Sipperò poi mi pento e mi confesso e tutto torna a posto.
    Ti sei messo in tasca miliardi di soldi pubblici. Sipperò quelli dell'altro partito rubano molto di più.
    Hai dato la tua parola di ambasciatore. Sipperò quelle erano acque internazionali.
    Hai stuprato una ragazza. Sipperò lei aveva la minigonna.
    Hai evaso il fisco. Sipperò con quello che rubano i politici...
    Hai fatto fallire una società ed hai intascato una buonuscita miliardaria. Sipperò è il regolamento che lo consente.
    Avevi una maggioranza e non hai fatto niente per migliorare questo paese. Sipperò gli altri facevano osrtuzionismo.
    Hai fatto lo sgmabetto a tutti i tuoi colleghi pur di fare carriera. Sipperò loro avrebbero fatto altrettanto a me, ne sono sicuro.
    E' la terza operazione di seguito che fai col bancomat, dietro c'è la fila. Sipperò la signora prima di me ne ha fatte due.

    L'elenco potrebbe essere lunghissimo. E si va dalle cose stupide come il bancomat a quelle terrificanti come uno stupro. Dal privatissimo cittadino che non paga il condominio ai miliardi di euro di una banca fatta fallire.

    Abbiamo sempre una scusa pronta per giustificare qualsiasi cosa. E questo a qualsiasi livello ci troviamo. L'assunzione di responsabilità è un concetto che non ci appartiene più. La deroga alla legge è la prassi. Siamo così abituati all'assenza di regole che quando l'autovelox ci fotografa a 130 dove il limite è 60, la colpa non è nostra: è del sindaco che ha messo l'autovelox per far soldi. E se qualcuno ci dice: ma tu andavi 70 chilometri all'ora oltre il limite, la risposta sarà: sipperò lì quel limite è ridicolo, oppure sipperò quel limite è messo apposta per fregare le persone. Avremo un'infinità di sipperò. Ma pensare: forse, se il limite è 60 potrei provare ad andare a 60 per non prendere multe non ci sfiora neanche... non è cattiveria: semplicemente non lo prendiamo in considerazione, perché non fa più parte, ormai (ma è un ormai di lunghissimo orizzonte), del nostro DNA.

    Siamo il paese del sipperò.
    Stiamo affondando. Sipperò poi l'italiano resta sempre a galla.
    Il problema è che con questa storia che l'italiano resta sempre a galla, ormai abbiamo rinunciato a provare a nuotare, e ci limitiamo a fare il morto.
     
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0 replies since 27/3/2013, 09:19   49 views
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